Centro
Culturale Candiani
I sette vizi capitali
Maria Giacometti
aprile 2017
- 2020
a cura di
SFI Società Filosofica
Italiana (sezione di
Venezia)
Le prime due conferenze
concernono le interpretazioni dei due “vizi” nel
corso della storia in ambito religioso, filosofico e
letterario. L’invidia è stata oggetto della
riflessione di René Girard per l’arco della sua
intera vita. Intendendo l’invidia come “desiderio
del desiderio dell’altro”, Girard associa l’invidia
all’imitazione, alla confusione ed alla violenza. Il
Sacro sarebbe un sistema per ritualizzare una
violenza altrimenti distruttiva per la vita stessa
della società. Esempi di invidia si trovano
nell’Otello di Shakespeare: la figura di Iago
unifica male e invidia; i romanzi di Dickens Billy
Budd e David Copperfield hanno tra i protagonisti
personaggi invidiosi, descritti con acume e
sottigliezza psicologica magistrale. In ogni caso
l’invidia si associa alla distruzione del soggetto
invidiato. L’accidia è il termine medievale per dire
“malinconia”; si tratta di un vizio capitale che
colpiva i monaci e al quale venne posto rimedio con
la regola “Ora et Labora”. Solamente in epoca
moderna l’accidia-malinconia viene considerata
un’affezione della mente e quindi del corpo. Robert
Burton nella sua Anatomia della malinconia (1621) ne
parla come una malattia, che va compresa con gli
strumenti scientifici, per allora, della medicina.
Di nuovo Shakespeare ci offre con Amleto il ritratto
del malinconico per antonomasia. Affetto da
malinconia si diceva fosse l’uomo di genio
(Platone), bilioso e saturnino. Alfred Dürer ci ha
lasciato un quadro (1514) nel quale tutti gli
aspetti tradizionalmente riconosciuti della
malinconia vengono illustrati con la potenza
dell’immagine. Infine, sia dell’invidia che
dell’accidia ci ha lasciato pagine interessanti
Sigmund Freud, sia negli scritti di metapsicologia,
sia nelle sue interpretazioni psicoanalitiche di
testi letterari.
ore 18,00